Come nasce un sogno
Questo progetto nasce da una semplice verità: un padre è in grado di fare qualsiasi cosa per i suoi figli. Quando ci sono di mezzo loro, tutto cambia. La prospettiva cambia, le priorità cambiano. Sai che per loro devi dare il massimo perché loro contano su di te.
Oggi la necessità di mio figlio Alessandro è quella di avere tutti gli strumenti per poter crescere al meglio, facendo le scoperte, le esperienze e gli errori che ogni bambino della sua età ha il diritto di fare.
Per fare tutto ciò, è necessario permettergli di raggiungere un certo livello di autonomia e indipendenza che la sua disabilità attualmente non gli consente ma che, grazie alle nuove tecnologie, può ambire a recuperare (anche solo parzialmente).
Tutto questo si è trasformato in una costante ricerca da parte del sottoscritto di soluzioni, idee, innovazioni che vadano in questa direzione. La domanda non è “cosa si può fare?”, ma “come si può fare?”. È un cambio di paradigma che dal 2017, quando siamo tornati a casa dopo circa un anno passato in ospedale, ho introdotto nella mia vita affinché, in maniera pragmatica, si potesse raggiungere l’obiettivo di fornire a Alessandro una capacità di movimento alternativa a quella persa.
Da qui ho compreso come la casa, ovvero il luogo dove viviamo la nostra vita familiare, dovesse diventare il centro di un percorso che possa ambire a dargli gli stimoli per avanzare nel suo percorso (difficile) di vita. Un duplice obiettivo in tal senso:
- Stimolarlo a dare di più grazie a un ambiente sereno, positivo, pieno di opportunità;
- Semplificargli una serie di azioni, anche quelle normalmente più banali ma che sono attualmente fuori dalla sua portata, che gli permettano una certa autonomia e che gli diano la fiducia nelle sue potenzialità.
Il progetto è in divenire, ci sono ancora tante variabili di cui tenere conto. Ma più vado avanti nel progetto, più comprendo come la volontà di fare possa essere lo stimolo per provare a cambiare il nostro destino. Il suo in particolare.
Più vado avanti nel progetto, più sento anche l’esigenza di condividere tutto questo know-how con altri. Pensare “hey, non sapevo si potesse fare questo. Magari qualcun altro ne ha bisogno e non lo sa” è stato il preludio all’idea di rendere condivisibile il nostro progetto. Perché solo con la condivisione si possono raggiungere grandi obiettivi.
C’è una frase di George Bernard Shaw che mi ha sempre colpito (e che uso sul mio profilo di LinkedIn):
“Se tu hai una mela, e io ho una mela, e ce le scambiamo, allora tu ed io abbiamo sempre una mela ciascuno. Ma se tu hai un’idea, ed io ho un’idea, e ce le scambiamo, allora abbiamo entrambi due idee”.
Per questo motivo uno dei nostri obiettivi nella realizzazione de “La Casa di Ale” è proprio quello di trasformare la nostra futura casa in un laboratorio vivente dove testare nuove tecnologie, nuove idee o addirittura crearne di nuove. Ma anche una concept house aperta a chi necessita di ispirazione per delle esigenze speciali.
Infine (e soprattutto) “La Casa di Ale” vuole essere uno stimolo a fare, fare, fare. Perché ci stiamo sempre più abituando a vivere passivamente la nostra vita, senza provare mai a metterci in gioco. I social network ci rendono degli involucri privi della volontà di realizzare. Io ho deciso che era venuta l’ora di cambiare il mio approccio alla vita. Certamente la malattia di mio figlio mi ha dato un discreto scossone in tal senso che non auguro a nessun altro di vivere. Spero che il nostro percorso sia già uno stimolo sufficiente a cambiare anche il vostro paradigma.
Non so dove arriveremo con il nostro progetto. Ma so di per certo che se non ci avessi provato, sicuramente nulla sarebbe cambiato. Sarei rimasto al punto zero del mio percorso.
Qualsiasi cosa ci riservi il futuro, lo affrontiamo sempre con il nostro mantra: un passo alla volta.