Settimana scorsa siamo stati in Alto Adige, nello specifico in Val Pusteria. Abbiamo potuto godere di piacevoli passeggiate nella natura con panorami mozzafiato.
La foto ritrae Ale (mio figlio) a 2.400 metri, tra il rifugio Auronzo e il rifugio Lavaredo. Ora, avrei voluto condividere con voi anche una foto di Ale che si gusta un dolce tipico altoatesino in una delle migliori pasticcerie del posto, ma non posso. Perché lì non ci siamo mai entrati a causa di tre gradini.
Quindi ricapitolando, siamo arrivati a 2.400 metri, ai piedi di una delle montagne simbolo delle Dolomiti, ma non siamo riusciti a entrare in un locale di città. Se ve lo state chiedendo, no, non è la prima volta. Anzi, capita più spesso di quello che vorrei e me ne dispiaccio (da padre la frustrazione è tanta) perché nella maggior parte dei casi è solo questione di volontà. Di voglia di pensare a tutti, anche a coloro che, come mio figlio, vivono su una quattroruote.
Ci sono diverse motivazioni insite in ciò, ma secondo me la principale è la mancanza di sensibilità e di esperienza. Poi possiamo nasconderci dietro a tante scuse. Come quando a Como, nel parco di Villa Olmo, non abbiamo potuto godere del “chilometro della conoscenza” a causa di un gradino facilmente rimovibile grazie a una semplice rampa (lavoro di qualche oretta). Dopo aver esposto il problema, come spesso accade in Italia ho vissuto il ping pong delle responsabilità, senza che nessuno mi rispondesse: “sai che c’è, è responsabilità loro, ma mi organizzo io e la risolvo io”. Ovviamente ho dato anche la mia disponibilità a intervenire. Nulla è stato fatto, lasciandoci soli nel chilometro dell’ignoranza…
Un esempio contrario è il piccolo negozietto “Ferro Toso” a Murano. Era il 2020 durante una visita a Venezia (sì, non ci crederete mai, ma anche Venezia è in parte visitabile per una persona in carrozzina). Volendo fare il bellissimo laboratorio di murrine proposto in questo negozio, chiamammo per chiederne l’accessibilità (ogni qualvolta ci muoviamo dobbiamo chiamare per informarci, sigh) con esito negativo. Sapete cosa successe? Il giorno dopo il titolare ci richiamò dicendoci di aver risolto facendo realizzare a sue spese una rampa per permetterci l’ingresso. Oltremodo scusandosi per non averci pensato prima. Non ne era obbligato, ma si è sentito in dovere (morale) di farlo. Sensibilità. Ripagata dal fatto che diverse famiglie di amici sono andate nel suo negozio sotto nostro suggerimento (qui subentra anche un discorso che andrebbe approfondito relativo alle possibili opportunità di business, chissà che almeno il conio possa essere un argomento di interesse per taluni?).
Tornando all’Alto Adige, non credo comunque che le passeggiate agibili che abbiamo fatto siano state pensate per persone disabili come noi. In realtà la sensazione è che tali spazi siano stati realizzati per ciclisti e famiglie con bambini in passeggino. Grazie a queste due tipologie di turismo possiamo ambire anche noi a un minimo di percorsi agibili. Perché dico questo? Perché se fossero stati pensati anche per noi, non troveremmo a un certo punto il gradino o l’impedimento alla prosecuzione nel percorso. Se fossero pensati anche per noi, quelle piccole barriere architettoniche che, per un passeggino o una bicicletta non sono un problema, sarebbero comunque stati eliminati.
E non vale il “non ti preoccupare, vieni che poi ti aiutiamo noi, in due o tre alziamo la carrozzina”. Grazie, ma no e le motivazioni sono le seguenti:
- Concettualmente è sbagliato l’approccio. Fate com Ferro Toso, risolvete il problema alla radice.
- Ma a voi piacerebbe sentirvi ancora più “diversi”? Inclusione significa eliminare le distinzioni. Un’entrata laterale, una rampa “solo” per disabili, addirittura un’altalena solo per disabili NON sono la soluzione. Tanto meno essere presi di peso e trascinati per poter entrare in un negozio o in un locale.
- Avete idea di quanto pesa la carrozzina elettrica di Ale?!
Se volete aiutare Ale e quanti come lui hanno necessità speciali, l’unico modo è iniziare a pensare veramente alle esigenze di tutti. Si chiama #universaldesign o #design4all. Vedete voi quello che vi piace di più. Quello che non cambia è la sostanza: avere in testa le necessità di tutti per far sì che la società sia sempre più inclusiva nei fatti e non solo nelle parole.
#lacasadiale #disabilità #inclusione